12/10/2020 XWILDER MAURO SALTALAMACCHIA

La sera prima del Supramonte X-Wild, edizione 2020, l’appuntamento è a Urzulei, ma il mio ritardo mi fa arrivare direttamente al briefing – con annessa cena conviviale – al ristorante “Sa Domu’ e s’Orcu”, già in salita, giusto per capire l’antifona. Per fortuna che Oscar Aramu mi ha dato un passaggio in macchina, altrimenti avrei rischiato di saltare la cena!!! Mi trovo seduto a tavola di fianco a tanti amici, tra cui il granitico Rodney Sonnco, che non si tira indietro né di fronte a una salita, né tantomeno di fronte a un bicchiere di vino. Antonio Marino, uno degli organizzatori e tracciatori, fa gli onori di casa e illustra i percorsi, che dovremmo già conoscere bene grazie al dettagliatissimo road book, fornito alcuni giorni prima. Monica Angioni, anche lei del team SXW, è premurosa nei confronti dei partecipanti, nei quali la fame (data l’ora) e l’ansia (per il giro impegnativo dell’indomani) provocano un’analoga sensazione di vuoto allo stomaco… prontamente sopita da cibo locale e buon vino rosso. A fine serata Maurizio Doro, il terzo degli organizzatori, ci dedica una masterclass sulla sua filosofia: “La Vita è un’Avventura, ma anche un Cin Cin. Battaglia Bottiglia Bottarga”.

Trascorro la notte all’hotel Gorropu in compagnia di Gianluigi Bellantuoni e Daniele Bifulco, anche loro forestieri in terra sarda. Per me, in realtà, non sarà il primo attraversamento del Supramonte, avendo già pedalato nel Naturaid Sardegna impossible di Maurizio, ma stavolta il giro è più corto e concentrato a quella sola area geografica. Ciò significa che non sarà certo una passeggiata!

 

SXW day 1: da Urzulei a (quasi) Oliena CP2 (123Km e 3.400d+)

Lasciare l’albergo è sempre un trauma e, in più, stavolta lo facciamo senza colazione per non tardare troppo. La partenza, a causa delle norme anti-COVID-19, sarà libera e individuale dalle 7 alle 9, così – una volta alla linea di partenza a Urzulei, saluto gli altri forestieri e mi dedico alla bici. Dopo aver fatto registrare al meccanico dell’organizzazione, Giorgio Carta (Technobike di Sestu, Cagliari) i raggi della ruota posteriore, allentati dopo l’ultimo montaggio, si parte alle 8.25!

La mattina è abbastanza scorrevole, a parte pochi chilometri impervi, in cui ci sono da affrontare alcuni tratti a piedi, su rocce. Dopo il primo check-point con ristoro a Orgosolo, però, si comincia l’ascesa al Supramonte, che avevo colpevolmente sottovaluto. Poco prima di uscire dalla zona a spinta, avvisto nella notte dei bagliori che si rivelano essere un fuoco e, lì vicino, un paio di bottiglie d’acqua. Immagino siano una “coccola” dell’organizzazione, una pacca virtuale sulle spalle, per ristorare lo spirito dopo essere arrivati fin lì. Getto un paio di ciocchi nel fuoco, per chi verrà dopo di me, poi proseguo. Complessivamente, abbiamo camminato per parecchi chilometri tra le pietre e questo significa che se la mattina abbiamo avuto la carota, dopo ci è toccato il bastone… alla fine decido di fermarmi in bivacco a 10km dal secondo check-point, Oliena, stanco dopo aver affrontato in discesa numerosi sentieri di pietrisco smosso. Ero anche preoccupato dal gran numero di persone che avrei trovato al check-point, dove darebbe stato impossibile dormire, perciò resto sul tracciato (vengo comunque svegliato da alcuni gruppetti di bikers che, al contrario di me, avevano deciso di raggiungere il paese nonostante l’ora tarda).

 

SXW day 2: da (quasi) Oliena CP2 a (poco dopo) Ovile Carta CP4 (122km e 3.300d+)

Al mattino, mi rendo conto che i chilometri mancanti a Oliena erano molto agevoli. Tuttavia, non mi pento di essermi fermato, altrimenti avrei comunque proseguito oltre e non ne avevo poi molta voglia. A Oliena trovo una fiumana di ciclisti, ancora in fase di riscaldamento, tra chi sta lasciando il quartier generale locale e chi fa colazione e spesa per la giornata. In questo secondo giorno di trail, carota e bastone sono stati invertiti, poiché al mattino abbiamo fatto su e giù per i gradoni di roccia di Scala ‘e Surtana mentre al pomeriggio è andata decisamente meglio, benché qualche pietraia non sia mancata.

Io mi fermo per pranzo a un chiosco appena fuori l’area di Surtana (che a vederla da sotto sembra il Colorado, coi suoi canyon e le montagne rosse), dove sono stato bene accolto dal proprietario e un suo parente, al quale ho spiegato che stessero facendo tutti quei ciclisti. Ebbene, costui (oltre ad avermi offerto una birra, che ho ricambiato) ha cominciato a riferirlo a tutti i clienti che nel frattempo stavano arrivando. Non so cos’abbia detto, visto che parlava loro in sardo, ma si facevano delle grasse risate…

Il morale è alto ma la stanchezza comincia a farsi sentire e il ginocchio sinistro mi duole, forse dopo averlo sforzato al mattino in qualche scomodo portage della bici. Ciò causerà un dolore di riflesso anche al destro, purtroppo, tale da ridurre la possibilità di spingere bene in salita.

Nel pomeriggio, oltre a una passeggiatina sulla solita pietraia, il tragitto è stato scorrevole fino a salire al passo di Genna Silana, dove sono anche l’hotel in cui ho passato giovedì notte e l’ingresso per le gole di Gorropu, che sono tra le mete che desidererei visitare alla prima occasione utile.

In serata, dopo aver mangiato sul valico al bar Silana ed essere sceso a valle attraverso un sentiero invaso da arbusti (e fatto un guado pressoché introvabile, di notte), decido di arrivare al check-point 4, l’Ovile Carta, gestito da Giampietro, che è anche guida escursionistica e ospita i turisti nel suo ex ovile (oggi, praticamente, un rifugio montano con tutti i confort), dove si cena e canta al suono della sua fisarmonica, volendo. Dopo il ristoro offerto dai volontari del SXW, Giampietro mi offre filuferru al rosmarino e allo zenzero e delle piacevoli chiacchiere, che si prolungano a ridurre le ore di sonno. All’una passata, mentre gli altri ciclisti già dormivano della grossa, seguo il consiglio di Giampietro e, sotto una luna rosso fuoco, vado a dormire su una cengia al lato del sentiero, anziché in un vicino cuile, come avevo pensato. Il programma è alzarmi alle prime luci dell’alba per godere della vista dall’alto del Golfo di Orosei.

Bilancio della giornata: stanco ma abbastanza soddisfatto, ho visto bei posti e avanzo alla mia media. Tra l’altro, prima dell’imbrunire ho incontrato sicuramente due mufloni, che mi dicono essere rari e schivi. Nei tre giorni di trail ho avvistato pochi altri animali, tra cui un muflone (ma di spalle, quindi simile a un cervo) e una volpe in fuga.

Peccato per qualche impedimento tecnico, alla pedivella sinistra che mi si è allentata e al copertone anteriore, che perde pressione. È lo scotto di aver fatto alcuni lavoretti alla bici senza, però, averla potuta rodare.

 

SXW day 3: da (poco dopo) Ovile Carta CP4 a Urzulei (67km e 1.900d+)

Sveglia alle 7, per vedere l’alba, come mi ero ripromesso. Notte fresca ma confortevole, sulla cengia in piano. Da lì, si comincia a scendere su Cala Sisine, tra singletrack nel bosco, pietraie e gradoni in pietra. Un ramo spezzato mi si infila nella ruota anteriore, ma a parte farmi cadere di lato su un cespuglio, senza conseguenze, non arreca danni alla bici. Complimenti a quelli che mi sono passati accanto alle 4.30 partendo dall’Ovile Carta, perché hanno fatto quel toboga col buio! Sono altri partecipanti al lungo, che sarebbero arrivati prima di me.

Il temporale che si vedeva sul mare, fortunatamente, non è giunto sulla terraferma. Il resto del tragitto è stato un mozzico, veloce, con le discese su pietrisco smosso e con alcuni tratti su asfalto e cementate, in salita. Mi trattengo poco a Baunei, l’ultimo check-point, dove incontro Giusi, la moglie di Antonio Marino. Al momento di passare al bivio tra l’arrivo e la prosecuzione del trail sulla traccia dei 410Km dell’Extreme, sono stato tentato di proseguire. Fortunatamente, però, ho deciso di ritenermi soddisfatto, perché chissà cosa mi avrebbe aspettato sul Gennargentu (poi lo abbiamo scoperto dagli altri partecipanti, colti dal maltempo) e, dopo, avrei dovuto inventarmi qualcosa per tornare in tempo in aeroporto! L’arrivo a Urzulei, accolto dall’organizzazione e da altri biker festanti, dà piacere quasi quanto la birra fresca che mi è stata prontamente offerta da Monica.

 

Impressioni di viaggio nel SXW

Bello il trail, ma duro molto al di sopra della media e anche della mia idea, infatti avevo scelto il lungo perché volevo fare un giro più tranquillo. Invece…

Alcuni lo chiamano “ciclodisagio”, quando si cammina tanto, ma questo è un trail che comunque scorre e ciò è una testimonianza della cura con cui è stato tracciato. D’altronde, gli organizzatori sono come i registi di un film e non ci si può aspettare una commedia romantica da chi ha la fama di realizzare film d’azione.

Un plauso particolare va proprio agli organizzatori, Monica, Antonio Marino e Maurizio Doro e ai volontari (talvolta dei poveri familiari sfruttati giorno e notte!!!) per lo sforzo enorme sostenuto ai check-point in cui, tra alloggio e vitto, ci hanno trattato in modo eccellente. Quasi eccessivo… poi ci abituiamo male!!! Io per primo: ammetto di non aver minimamente guardato la traccia né il percorso, proprio perché avevamo già la minestra pronta. Sono stato facilone, eppure mi sarebbe stato utile studiare cosa fare, mi avrebbe reso più consapevole anziché sempre sorpreso dagli eventi, anche se non so se avrei potuto pedalare di più. Probabilmente anche altri partecipanti si sono affidati troppo ai check-point (io non ci ho dormito, ma ci ho mangiato senza cercare alternative).

Molto interessante il SeteTrack, tracciatore GPS/GSM, piccolo e leggero. Avevo anche il mio SPOT, che è satellitare e bidirezionale (quindi, in caso di necessità, si possono chiamare i soccorsi), ma un tracciatore più economico e fornito a noleggio dall’organizzazione nel prezzo di iscrizione, in un evento del genere, è un valore aggiunto per favorire lo spettacolo e soddisfare la curiosità di chi è a casa, degli altri atleti e degli stessi organizzatori. Insomma, ci fa sentire parte di un “vero” evento.

Devo dire che non ho affrontato il giro in modalità “coltello tra i denti”, ma state pur certi che se mi fosse stato agevole pedalare per più chilometri ciascun giorno, lo avrei fatto. Infatti, non nego che il distacco dai quattro arrivati prima di me, mi bruci, visto che sarebbe probabilmente bastato un modesto impegno in più (meno cazzeggio ai check-point o una mezz’ora in meno di sonno, ad esempio) per avere un risultato diverso. Come mia abitudine, non ho seguito gli altri atleti sul sito del tracker, poiché mi distrarrebbe dal “mio” giro. Fermo restando che la serie A era l’Extreme, e lì avrei preso un sacco di schiaffi. Il paragone è che il primo dell’Extreme, Rodney Sonnco ha impiegato per i suoi 410Km il mio stesso tempo (diciamo dei primi arrivati al lungo) per farne 310. Alla faccia!!!

Non sono stato agevolato dal setup scelto, questo è certo: una MTB rigida con copertoni da 2,2 e tutto il bagaglio caricato sopra, non può reggere il confronto (su un tracciato simile) con una full più gommata e almeno parte del bagaglio in uno zaino (capacità personali a parte, sia tecniche che fisiche, e le mie non eccellono). Ovviamente, sapevo che la mia scelta mi avrebbe penalizzato in termini di tempo e fatica, ma sono abitudinario e la mia bici mi piace così, nonostante tutto. L’unica cosa che avrei potuto cambiare era la corona grande anteriore e passare dal 40 al 38, per poter tirare meglio molti rapporti (nei trasferimenti su strada, però, il 40 e le aerobar hanno lavorato molto bene, quindi la versatilità resta confermata).

Insomma, trail straconsigliatissimo per esordienti e veterani, utile anche per chi vuole fare un salto di qualità, dalla pedalata con gli amici alla sfida personale con abbondante pepe, fermo restando che ciascuno può vivere a modo proprio il giro, mettendoci più giorni e diluendo lo sforzo. Resta il fatto che ognuno dei quattro percorsi è molto duro con almeno il 10% del totale (forse di più) da fare a spinta, o letteralmente arrampicandosi su ostacoli naturali, sempre con un occhio ai segnali CAI (che quando si comincia a vederli, vuol dire che sono dolori di pancia).