12/10/2020 XWILDER EMANUELE MARCIAS

SUPRAMONTE XWILD 2020-L’AVVENTURA
Se dovessi riassumere in due parole quest’esperienza, utilizzerei certamente “L’Avventura” con tanto di A volutamente maiuscola.
Prima di passare al racconto vero e proprio, voglio ringraziare alcune figure chiave di quest’esperienza che, come dirò più avanti, è stata costruita minuziosamente nei mesi scorsi con innumerevoli difficoltà. Sicuramente desidero ringraziare il mio mentore del ciclismo,
Cristian Melis
, grazie al quale sono riuscito ad acquisire una capacità di allenarmi sui pedali davvero inaspettata.
Un altro ringraziamento importante va a World Nutrition Oristano e all’amico
Max Sanna
per il supporto “energetico” FONDAMENTALE.
Tante poi sono le persone che dovrei ringraziare per il supporto morale costante, anche questa volta che le cose stavano volgendo per il peggio e per poco ho rischiato di non poter partecipare..la famiglia ha un ruolo fondamentale in questo e Sara Desogus

rappresenta ancora una volta il mio pilastro fondamentale in tutte le mie costanti pazzie.
Un enorme grazie va anche ai miei collaboratori e colleghi che hanno permesso di svolgere quest’avventura in tranquillità, avendomi permesso di lasciare il “timone” per qualche giorno e cito Enzo Contu come rappresentante di questa enorme organizzazione che ho la fortuna e il privilegio di Comandare. Infine, grazie alla mia testa dura, senza la quale penso tutto ciò non si sarebbe potuto realizzare e che ringrazio per indicarmi sempre la via più difficile e ardua da percorrere.
Il Supramonte, questo sconosciuto. Una montagna?un luogo?un modo di vivere?
Un po’ tutto questo diciamo.
Un territorio estremamente selvaggio, inospitale, frequentato solo da pochi, pochissimi avventurieri o pastori o..banditi.
Ebbene si, perchè nell’immaginario comune, il Supramonte, è il simbolo del banditismo sardo, dell’oscuro e del lato più nascosto della nostra terra.
Per tanti anni si è parlato del Supramonte come un luogo avvolto dal mistero, inaccessibile e impenetrabile dove “ci sono i banditi”…figuriamoci attraversarlo..figuriamoci attraversarlo DI NOTTE. Un anno fa circa sentii parlare di questa esperienza, chiamiamolo trail, il Supramonte X-Wild, che per la prima volta apriva a un cospicuo numero di partecipanti la possibilità di “cavalcare” le creste del cuore della Sardegna più selvaggia.
Al tempo, ero impiegato fuori sede e pertanto dovetti rinunciare all’idea di partecipare ma nella mia testa si accese la spia delle “cose da fare”.
Cosi, all’inizio del 2020, appena aperte le iscrizioni, decisi di fare l’iscrizione senza alcun indugio, buttandomi direttamente sulla distanza più lunga e impegnativa che, a differenza della scorsa edizione era cresciuta sia in km che in dislivello conquistando cosi il nome di Extreme..410 km e 13000 metri di dislivello positivi, roba da mettere in croce anche mostri del ciclismo.
Reduce dalle mie passate esperienze(non tante in fin dei conti) decisi di affrontare come mio solito la sfida: pianificare, organizzare, condurre.
Inizialmente, fu cosi e infatti per due mesi, fino a marzo, la preparazione procedette spedita e con grandi risultati.
Come noto però, a marzo la pandemia mondiale impose uno stop e cosi, tutto fu messo in pausa.

A giugno, con i primi sblocchi, anche il Supramonte X-Wild riprese vita e forza e finalmente esistevano date e alcune certezze per poter riprendere la preparazione..il 17 giugno però, qualcuno decise che la mia sfida sarebbe dovuta diventare ancora più difficile da sostenere.
Durante un’escursione, a causa di un errore nelle acque cristalline della coste ogliastrine, la mia spalla sinistra decise di abbandonare la sua naturale sede, lussandosi in maniera TRAUMATICISSIMA e lasciandomi con un amaro in bocca che difficilmente dimenticherò..perchè per uno sportivo, un trauma simile, non è accettabile con un semplice “mi metto a riposo”..è un disastro!

Nella mia testa però, grazie a Dio, l’opzione della resa non è in elenco e quindi subito (praticamente durante il volo con l’elisoccorso da Cala Goloritze a Olbia) partorii uno scadenziario di massima: se

riuscirò a fare 10 piegamenti sulle braccia e salire in sella dopo ferragosto, avrò possibilità di partecipare.
Cosi fu, anche se con molti pareri contrari da parte di alcune persone che tengono alla mia salute.
Il 1 settembre ripresi gli allenamenti, decisi di optare per il percorso corto cercando di immaginare come sarei stato da li a 4 settimane.

L’ultima domenica di allenamento, il 4 ottobre decisi di fare un test personale..andò alla grande e cosi decisi non solo di partecipare ma di svolgere il percorso medio, consapevole che il corto non mi avrebbe soddisfatto abbastanza.
Cosi, l’8 ottobre ero pronto, a Urzulei.

Non nego che lo stato d’animo era quello di uno abbastanza preoccupato e una volta a Urzulei, sede del Quartier generale e sede della partenza, lo stato d’animo dei partecipanti non era rassicurante..tutti, ma dico tutti, erano intimoriti e preoccupati dalla sfida che da li a poche ore avrebbe scatenato l’adrenalina di decine e decine di biker.

Ricordo in particolare quando Ivan, un amico di Cagliari, mi disse “guarda lassù, domani mattina si arriva la prima di proseguire”, indicandomi una strada sul costone roccioso che sovrasta Urzulei..ma

siamo matti?Uno strappo simile a freddo?Ebbene si, questo era indicativo del tipo di sforzo necessario per affrontare la sfida.
Durante la cena di saluto con tutti i partecipanti, si sedette al tavolo con noi una coppia e la ragazza ( Stefania Piredda

)dopo alcuni minuti chiese “ma voi che percorso fate domani?” e, alla mia risposta sulla partecipazione al percorso medio, mi disse “a be, allora lo facciamo insieme”.
In realtà io avevo deciso di fare tutto il percorso solo con me stesso, per svariati motivi ma sopratutto perchè avevo una tabella di marcia ben definita e che doveva concludersi entro il sabato sera.

La mattina della partenza però, Stefania era li e quindi partimmo insieme..mai avrei immaginato che sarebbe stata un’eccellente compagna di viaggio!
La partenza fu praticamente una scalata, fortunatamente con fondo in asfalto, ma il peso della bici era notevole e quindi il passo doveva essere lento e costante.

Dopo pochi km si presentò un fastidioso problema al cambio che mi accompagnò fino al primo checkpoint, Orgosolo, e che mi impediva di utilizzare i rapporti più leggeri..morale della favola, i primi 63 km sono stati una passione!
Inoltre, avevo immaginato la durezza del tracciato ma mai avrei immaginato che dopo circa 20 km avrei dovuto abbandonare la sella per camminare..si, perchè il percorso era durissimo, fin dall’inizio.
Tutto sommato però, sono abituato a camminare con carichi e quindi la cosa non mi preoccupava più di tanto..il sole splendeva, l’aria era frizzante ma gradevolissima e stavo facendo questa incredibile avventura..che meraviglia!!!
Preso un po’ dai paesaggi, dai mufloni che attraversavano la strada come pedoni (mai visti cosi da vicino) e dalla bellezza incontaminata dei posti pazzeschi che piano piano stavamo attraversando, non mi accorsi della durezza dei rapporti..arrivati al passo di Corr’e Boi ero uno straccio!
Fortunatamente da li, fino a Orgosolo, si susseguivano una serie di divertenti discese e leggere salite e quindi il dispendio energetico poteva essere controllato.
Arrivati al primo CP ero in ritardo di circa un’ora su quanto avevo programmato..niente di che ma proiettato sui successivi 70 km che mi separavano da Oliena iniziava a preoccuparmi.
A Orgosolo l’accoglienza è stata davvero splendida, a mio avviso il miglior CP dell’intera manifestazione. Inoltre il grandissimo Giorgio con la sua officina mobile mi aveva sistemato la bici in

un attimo e quindi, dopo un’oretta di sosta, eravamo pronti a ripartire.
Un gruppetto di Oristano mi chiese “Manu, ma dove vi fermate?A Oliena???Mi che è lontano, ti fai il Supramonte al buio, hai la bici che sembra un carro!!”..la decisione era ormai presa, una camera d’albergo mi attendeva e io non avevo alcuna intenzione di rinunciare alla mia programmazione. Dopo circa 20 km, quando ormai ci trovavamo sui monti sopra Orgosolo, un bel problemino…crampi, crampi come mai avuti nella mia vita..era un problema pedalare, era un problema scendere e spingere..era davvero un bel problema!
La mia compagna di viaggio, preoccupatissima, mi invitava a riposare ma io non ne volevo sapere..sapevo che una sosta avrebbe aggravato la situazione e cosi decisi di optare per la soluzione “testa”..da Alpino, ho imparato che nei momenti duri, si tira giù la testa e si cammina, senza pensare.

Cosi, un pò grazie alla testa, un po’ grazie al costante rifornimento idrico e di cibo e un po’ grazie a Stefania che vedevo sempre avanti a me, i km scorrevano..km e km di salita implacabile.
Fatto sta che, la vetta di Monte San Giovanni era stata raggiunta e da li in poi, iniziava la vera sfida..dopo un po’di discesa “rocciosa” il buio iniziò a farsi più evidente e quindi faretti accesi e via nella notte selvaggia del Supramonte..che roba ragazzi!!

20 km di spinta a piedi, rocce, vento..bellissimo!Nei boschi prima di arrivare a Oliena qualcuno aveva deciso di fermarsi per un fuoco e una sosta ma io e Stefania no, senza alcun indugio siamo arrivati, con fatica, a Oliena..alle 01:15 del sabato!
Avevo programmato di arrivare a Oliena alle 21, massimo alle 22; uno scostamento notevole.

Eppure quei durissimi 133 km erano scivolati via con emozioni che difficilmente potrò mai descrivere, un’intensità di emozioni davvero unica.
La notte come sempre porta consiglio..a me l’unico consiglio che aveva portato era “te la senti di ripartire?”. Ero abbastanza stanco dal giorno prima, ma il nostro corpo è una macchina micidiale che ha risorse inimmaginabili..cosi, dopo una bella colazione presso l’Hotel Gicappa, saltai sulla sella e via..peccato che nella foga la chiave della stanza era rimasta in tasca e quindi, dopo qualche km, dietro

front e secondo giro a Oliena..pazienza, ormai ero lanciato.
Stefania intanto, che aveva pernottato al CP di Oliena, era ripartita qualche ora prima di me.
In un attimo, abbandonato il paese ecco la meraviglia..il costone bianco che introduce alla valle di Lanaitto..una meraviglia indescrivibile..cosi, passato Su Gologone, entrai nella valle per affrontare la seconda e tanto temuta sfida, Sa Scala e Surtana, un percorso fatto di rocce e rocce (si, non c’è altro) che attraversa il monte dalla valle di Lanaitto alla valle dell’Oddoene..che roba pazzesca! anche li, tanta spinta ma ripagata da scenari mozzafiato.
Giunto a metà della scala, constatato che l’ora di pranzo era ormai vicina, decisi di arrivare a Dorgali e consumare un pasto frugale..un bel piatto di ravioli caldi!!
Attraversato il passo di Littu sulla vecchia strada che da Dorgali portava a Calagonone, ultimo CP del mio percorso, lo scenario cambiava completamente..le aspre rocce del Supramonte lasciavano spazio alla bellezza del mare e alla “morbidezza” delle strade montane tra Cala Gonone e Urzulei..non prima però di aver consumato un ottimo piatto di riso alla pescatora e scambiato 2 chiacchiere al CP..in fondo, mancavano solo 43 km, 1600 metri di dislivello, c’era ancora il sole..cosa vuoi che sia?
Povero me..povero illuso..ripartito da Cala Gonone iniziarono una serie di salite con pendenze davvero improponibili che misero a dura prova la mia resistenza.
La notte ormai incombeva e quindi faretti accesi e cambio batterie al GPS per non svolgere queste operazioni al buio pesto.
A un certo punto, dal bosco, un cane che abbaia..no..che seccatura!
In realtà, si trattava di un cagnolino appartenente a un gruppo di escursionisti che aveva scelto quell’angolo remoto di mondo per passare la notte e cosi, non potendo rifiutare il loro invito, ne approfittai per mangiare un ricco biscotto con nutella e bere un sorso d’acqua, raccontandogli che razza di avventura stavamo svolgendo e rispondendo alle loro numerose domande sulla gara.
Non curante dell’orologio e convinto degli ultimi 32 km di pacchia, mi riavviai con tranquillità e serenità…bene, ricorderò per sempre quegli ultimi 32 km..un susseguirsi di sorprese ALLUCINANTI rese ancora più assurde dal buio: salite infinite, percorsi inesistenti divorati da una vegetazione fitta e robusta e addirittura un guado!
Ricordo, a un certo punto, di aver trovato una mezza forma di formaggio appesa a un albero..non so perchè, per quale coincidenza, ma da quel formaggio in poi la strada divenne più permissiva!!Forse un

miraggio?non lo scoprirò mai..fatto sta che quel formaggio mi diede una sorta di motivazione.
E cosi, alle 00:15 di domenica, con circa 4 ore di ritardo sulla mia tabella stimata, l’arrivo a Urzulei dove Monica mi attendeva come “ultimo della nottata”.
Una volta li, mi resi conto che, se non avessi avuto il limite del sabato, avrei potuto affrontare anche il percorso lungo ma non importa, è stata una bellissima sfida anche cosi.
Uno dei momenti più belli di questa esperienza, è stato la mattina, al risveglio, quando, tra un preparativo e l’altro per lasciare il QG, ho avuto il piacere di scambiare 2 chiacchiere con uno dei maestri di questa disciplina, Maurizio Doro Naturaider. A lui, ad Antonio Marino e a Monica, va il mio più grande ringraziamento per aver creato questa fantastica esperienza e per aver messo dentro tutto lo spirito da avventurieri e guerrieri che li contraddistingue.

Si vive una volta sola e si deve vivere fino in fondo..Fai ciò che non hai mai fatto per diventare ciò che non sei mai stato!